Archives Giugno 2020

Ambiente e Ambientalisti ai tempi del coronavirus

Attività nel Parco Nazionale della Sila, loc. Pietra Scritta 2017

La rubrica si è occupata, negli ultimi mesi, della grave emergenza sanitaria causata dal coronavirus che si sta trasformando nella più grande emergenza economico-sociale del dopoguerra. Una pandemia che sta aggravando il vero grande problema per il pianeta e per l’uomo: il forte degrado dello stato dell’ambiente, come ci ricordano, puntualmente, i più importanti rapporti scientifici mondiali. Occorre, nell’era delle fake news, della spazzatura scientifica, dare centralità, alla scienza affinché possa aiutare, illuminare, ai diversi livelli, i decisori politici, a compiere scelte che vadano nella giusta direzione.

I mesi del lockdown, il blocco di gran parte delle attività produttive, della circolazione stradale, hanno avuto come riscontro positivo una forte riduzione dell’inquinamento atmosferico, è migliorata la qualità dell’aria delle nostre città. Un effetto benefico, temporaneo, che si sta dissolvendo con la ripresa della normalità. Vivendo a Genova, in una città già congestionata dal normale traffico, posso assistere, in questi giorni, ad una intensificazione del traffico veicolare privato a discapito di quello pubblico. Il Comune, in fretta e furia, sta realizzando decine di chilometri di piste ciclabili, pagando un forte ritardo nella realizzazione di strutture per la mobilità ciclistica, di importanti infrastrutture di trasporto pubblico. La diffusione del virus è stata la cartina tornasole che ha evidenziato la vulnerabilità del nostro sistema sanitario, della gestione organizzativa delle nostre città.

La risposta agli effetti della pandemia, di un sistema economico non sostenibile, potrebbe avere la conseguenza del “gatto che si morde la coda”, il tentativo, la necessità, di recuperare i danni economici a discapito delle politiche ambientali faticosamente messe in campo in tutti questi anni. L’America di Trump ha prontamente sospeso l’applicazione delle leggi ambientali. La COP26, la Conferenza delle Nazioni Unite sui Cambiamenti Climatici, che si sarebbe dovuta tenere a Glasgow a novembre, è stata annullata, rimandata al 2021. A Glasgow si sarebbe dovuto risolvere il nodo dell’applicazione dell’art.6 dell’Accordo di Parigi, del dicembre 2015, 195 paesi hanno adottato il primo accordo universale e giuridicamente vincolante sul clima, le nazioni avrebbero dovuto presentare i nuovi piani nazionali di riduzione delle emissioni.

Uno scenario mondiale, globale, inquietante, ma la situazione locale, regionale, non ci rassicura, come è stato denunciato, nei giorni scorsi, attraverso un comunicato da Legambiente Calabria: “La situazione dei rifiuti nella nostra Regione è nuovamente al collasso per come accade, periodicamente, da decenni. Nel corso degli anni l’Amministrazione regionale ha sempre utilizzato la logica emergenziale, questa volta legata all’emergenza epidemiologica da Covid 19. Con l’ennesima ordinanza emergenziale n. 45 del 20 maggio 2020, si certifica ancora una volta la fallimentare gestione del settore rifiuti da parte della Regione Calabria che dopo avere trasferito le competenze di gestione agli A.t.o., senza impianti e programmazione, ancora una volta ricorre alla logica delle discariche. .. oppure ampliare le discariche esistenti come sta accadendo a Scala Coeli o chiedere agli Ato di individuare nuove discariche, non è certo la soluzione giusta per uscire dall’emergenza rifiuti”. Non c’è più tempo per nessuno degli attori di questa brutta storia : Regioni e Comuni devono assumersi le rispettive scelte e responsabilità”.

In una situazione emergenziale vengono riesumati antichi e deleteri progetti. E’ di questi giorni il tentativo di riproporre una nuova discarica nel crotonese in loc. Terrate-Terratelle, nel Comune di Roccabernarda, che fu oggetto di una forte contestazione, una decina d’anni, di una interpellanza parlamentare ( Discarica di Terrate-Terratelle, un documento scomodo, Il Crotonese,  23 Novembre 2010) .

La Calabria è in forte ritardo nella raccolta differenziata, è ancora lontano l’obiettivo di almeno il 65% , che si doveva raggiungere entro il 31 dicembre 2012. Dal report del Catasto rifiuti Arpacal, pubblicato lo scorso mese di aprile, in Calabria il valore della differenziata totale ha una lieve crescita, passando dal 42,90% al 45,3%. Nelle province il dato cresce con lo stesso trend: Catanzaro passa dal 48,74 al 51,53 mentre Cosenza sale dal 54,84 al 56,78; Crotone sale dal 26,25 al 27,88 per cento, Reggio Calabria dal 34,76 al 37,12 e Vibo Valentia dal 30,39 al 33,41%. Valori molto bassi per la provincia di Crotone, ancor più misero quello della città di Crotone il 7,74 %. Nell’area del petilino, tra i più grossi centri, al primo posto troviamo Petilia Policastro con il 55,03%, però ancora distante dal livello minimo, inoltre non è stata ancora ripristinata l’isola ecologica dopo l’incendio doloso del 2013, una struttura essenziale che si dovrebbe integrare con la raccolta differenziata “porta a porta”.

            Una domanda che spesso ci poniamo, per la tutela dell’ambiente, sono ancora importanti gli ambientalisti, quando di sostenibilità ambientale, economia circolare, green economy, ormai ne “parlano” un po’ tutti, anche se oggi le parole più in voga sono: lockdown, distanziamento. Legambiente, nei giorni scorsi ha compiuto quarant’anni, un’associazione nata nel lontano 20 maggio 1980, impegnata su più fronti e più temi legati da un unico comun denominatore: la tutela e la valorizzazione dell’ambiente;  è diventata l’associazione ambientalista più diffusa in Italia, grazie ad una rete di Circoli, alle tante campagne fin qui realizzate, ricordiamo solo  alcuni numeri: diecimila campioni di acqua di mare monitorati dal 1986, le prime misure della qualità delle acque di balneazione con il laboratorio mobile di “Goletta Verde”, dal 1988 con il “Treno Verde”  ha compiuto 270 tappe nelle città, iniziando il monitoraggio  dell’inquinamento atmosferico; gli otto milioni di cittadini che hanno partecipato alle pulizie di Puliamo il mondo dal 1994. “Siamo convinti che il nostro Paese sarebbe stato profondamente diverso se, in questi quattro decenni, non ci fosse stata Legambiente“, ha commentato Stefano Ciafani, presidente nazionale di Legambiente. “Non avrebbe avuto leggi importanti come quella sugli ecoreati o sull’inquinamento da plastica monouso, copiate dall’Europa. Sarebbe proseguito il dumping in mare dei rifiuti industriali autorizzato dalle istituzioni. La cura del nostro Paese e la valorizzazione dell’ambiente – continua Ciafani – devono essere una priorità per i cittadini così come per l’agenda politica di qualunque Governo. Il periodo difficile che l’Italia sta vivendo, colpita dal coronavirus, dimostra ancora una volta quanto l’ambiente sia una questione prioritaria da affrontare e non più rimandabile. Non si perda dunque questa importante occasione per far ripartire davvero il Paese in una chiave green e per farlo il primo passo da fare è quello di ripensare e ridisegnare le grandi città, le più a rischio per le conseguenze dei cambiamenti climatici. Legambiente continuerà il suo cammino promuovendo stili di vita sostenibili e indicando la strada giusta alle istituzioni e alle imprese”.

Le proposte lanciate da Legambiente, condivise da imprese e associazioni del terzo settore, riguardano tre campi di intervento: la semplificazione delle procedure, gli interventi per rilanciare l’economia con fondi europei e lo sblocco di risorse. Secondo Edoardo Zanchini, vicepresidente nazionale di Legambiente, “l’Italia ha quanto mai bisogno di semplificare procedure troppo complesse e poco trasparenti. Tra gli interventi più urgenti da sbloccare, è quello di portare in tutti i Comuni la banda larga e le ricariche delle auto elettriche, di avere scuole sicure e case dove si riducono le bollette energetiche, di sbloccare gli impianti da rinnovabili, di togliere le barriere non tecnologiche che oggi rallentano l’economia circolare, le bonifiche dei siti inquinati e la rigenerazione urbana».

Quindi, per risollevare le economie mondiali, per il futuro del pianeta, occorre aprire una nuova strada in direzione della sostenibilità.

Luigi Concio – Rubrica giornale “Il Petilino”


40 anni di Legambiente. Il Presidente Stefano Ciafani: “Serve un salto di qualità dell’ambientalismo italiano”

Incontro con i liceali di Petilia Policastro, 13 gennaio 2017

LA STAMPA, 8 GIUGNO 2020

L’associazione compie i primi 40 anni di attività, passati anticipando i tempi e portando alla ribalta temi ambientali spesso celati. Nonostante una politica e una classe dirigente che si è dimostrata inadeguata ad affrontare le sfide ambientali che hanno investito il nostro paese

l 20 maggio 1980 nasceva formalmente la Lega per l’Ambiente dell’Arci. Fu quello il battesimo di

un’associazione che aveva in serbo un progetto ambizioso: promuovere un’idea di ambientalismo che potesse parlare di natura e società in una sorta di simbiosi, capace di non trascurare le battaglie storiche dell’ecologismo, ma considerando allo stesso tempo il contesto socio culturale dei territori. In quarant’anni Legambiente ha cambiato la storia dell’ambientalismo del nostro paese, spesso anticipando i tempi e cambiando il nostro vocabolario per sempre. Con Stefano Ciafani, presidente nazionale di Legambiente dal 2018, abbiamo voluto attraversare queste quattro decadi, analizzando anche l’attuale immobilismo di una certa politica italiana.

Presidente, a 40 anni si dice che si è definitivamente raggiunta l’età della maturità, quella in cui si diventa adulti. Guardando indietro, quali sono stati i passaggi più importanti per Legambiente?
“L’associazione nonostante i 40 anni ha ancora lo spirito ribelle che l’ha contraddistinta negli anni. Caratteristica che ci ha portato ad anticipare i tempi. Lo facemmo nel 1986, quando iniziammo a campionare le acque di balneazione. Lo facemmo nel 1988, quando iniziammo a monitorare l’inquinamento atmosferico e acustico, ancora prima che fosse imposto per legge. Lo facemmo nel 1990, due anni prima della Conferenza di Rio, quando con una petizione raccogliemmo 600mila firme per chiedere al governo italiano di ridurre le emissioni. Lo facemmo nel 1994, quando iniziammo a denunciare il fenomeno delle ecomafie. O nel 2003 quando per primi abbiamo denunciato la Terra dei Fuochi, uno dei quattro termini coniato dall’associazione, insieme a “ecomostri”, “ecomafia” e “Grab”. Abbiamo iniziato nel 2011 i primi campionamenti della plastica presente nel Mediterraneo, raccontando che il problema non era solo quello dell’isola galleggiante nell’oceano”.

Ma come si fa ad anticipare i tempi? Qual è il segreto per capire quali sono le reali emergenze ambientali?
“Il segreto è quello di lavorare a stretto contatto con la scienza e gli scienziati. Legambiente nasce nelle università, insieme con i fisici, quando si parlava negli anni ’80 di ampliare il nucleare italiano. Tutto il lavoro fatto finora è stato fatto insieme agli scienziati, per arrivare ad avere i risultati che sono sotto gli occhi di tutti. Il nostro faro è stato sempre la scienza: negli anni ’80 contrastavamo le fake news del governo sul nucleare. Oggi ad esempio ci troviamo a contrastare le false idee sul biometano e sulla digestione anaerobica. O sulla Xylella in Puglia, che hanno causato il diffondersi dell’infezione”.

Quali sono le nuove fake news che vi trovate ad affrontare oggi?

“Una su tutte è quella sul 5G. Non è possibile raccontare false notizie su una tecnologia che non è ancora stata installata. Certo è un tema che va approfondito con una ricerca indipendente, per capire se questa tecnologia può o meno creare dei problemi alla salute. Parallelamente dobbiamo lavorare sul principio di precauzione, che prevede la minimizzazione dell’esposizione all’elettrosmog. Noi siamo il paese a livello europeo con i limiti più cautelativi per quanto riguarda l’elettrosmog, i più rigorosi. Dobbiamo pretendere il rispetto delle norme e chiedere ai Comuni di applicare dei piani di localizzazione delle stazioni e delle antenne per evitare picchi di campi elettromagnetici, e rendendoli omogenei su tutto il territorio”. 

Quando si parla di ambientalismo oggi, sembra ci sia una forte polarizzazione nei confronti di certi temi. Com’è cambiata la consapevolezza dei temi ambientali negli anni?
“La cultura ambientale sta avendo un grande exploit. Quarant’anni fa era un tema per pochi. Lo scorso anno la lotta alla crisi climatica ha riempito le piazze di centinaia di città, con migliaia di ragazzi. Piazze strapiene come mai era avvenuto. Il tema ambientale ha sfondato, siamo di fronte ad un gigante culturale. Ciò che dobbiamo evitare è di informarsi su fonti non attendibili. L’ambientalismo è marchiato da troppi stregoni che contrastano qualunque cosa. Dobbiamo installare impianti fotovoltaici, eolici, impianti di riciclo, di compostaggio. Questo serve per fare la rivoluzione circolare. Invece un certo tipo di ambientalismo italiano è contro a priori. C’è troppa incoerenza”.

Parliamo di politica: mentre in Europa i movimenti “verdi” crescono un po’ ovunque, qua in Italia certi temi non vengono nemmeno presi in considerazione. Cosa manca?
“I temi ambientali sono un nano politico, perché stato sempre un tema marginale nell’agenda politica dei governi che si sono succeduti. In Italia non è accaduto quello che abbiamo visto negli Usa con la presidenza Obama, o in Germania sia con i governi di centrodestra che di centrosinistra. La stessa Cina, nonostante le contraddizioni, ha un governo che punta molto sulle tematiche ambientali, perché sa bene che chi oggi fa ricerca su quel tema, può puntare sull’industrializzazione e successivamente sul mercato mondiale. Qui siamo ostaggio di una politica ideologica, di un ambientalismo dei comitati rappresentato dai 5stelle o quello di facciata del PD. Mentre il centrodestra parla di condoni edilizi o di corsa alle trivelle. L’impermeabilità della politica italiana è frutto dell’inadeguatezza della classe dirigente. Questo vale anche per la classe industriale: ci sono decine di aziende green in Italia che non sono considerate da Confindustria. Abbiamo bisogno di un salto di qualità dell’ambientalismo italiano”.

Se pensiamo al passato, vengono in mente i grandi intellettuali ecologisti che ha avuto il nostro paese, come ad esempio Alex Langer. C’è secondo lei qualcuno di simile oggi?“Langer
 è stato uno straordinario pensatore che ha visto delle cose prima degli altri. Oggi in Italia abbiamo un grande ambientalista nato in Argentina. E si chiama Bergoglio. Credo non ci possa essere voce più autorevole di Papa Francesco che ha scritto nero su bianco quello che tutti dovranno fare nei prossimi anni per fermare la crisi ambientale e climatica. Si tratta di un dono per l’ambientalismo che deve far riflettere chi da quarant’anni non ci ascolta. Nel nostro ultimo libro “La nostra Italia”, abbiamo raccontato tutte le conquiste raggiunte da un’associazione di cittadini. Ecco, le associazioni sono i pilastri di una società, e continueremo ad alimentare questo dibattito. Dico questo perché negli ultimi tempi c’è stata una campagna vergognosa contro le Ong, nonostante queste siano da sempre in prima linea”.


Bici, banda larga e controlli ambientali: 33 proposte di Legambiente per una ripartenza green

Nel pacchetto semplificazione di Legambiente delle procedure per accelerare gli investimenti, rilancio dell’economia con fondi europei, sblocco di risorse e di provvedimenti ministeriali in stallo

La Fase 2, con la riapertura delle attività dopo lo stop causato dal coronavirus, “è un’occasione che l’Italia non deve sprecare per rilanciare l’economia in chiave green“, che fa bene all’ambiente ma aiuta anche le famiglie e le aziende. Lo dice Legambiente, che lancia un pacchetto di 33 proposte, condivise da imprese e associazioni del terzo settore, e lo sottopone al governo in un documento “già scritto nella forma di emendamento al prossimo Decreto per far ripartire l’economia, e subito attuabile con riferimenti normativi e di spesa”.

Tre i campi d’intervento: semplificazione delle procedure per accelerare gli investimenti, rilancio dell’economia con fondi europei, sblocco di risorse e di provvedimenti ministeriali in stallo. Mettendo in pratica questa ricetta, spiega l’associazione ambientalista, si avrebbero importanti vantaggi economici. Ad esempio, “con i cantieri per la riqualificazione energetica del patrimonio edilizio, si metterebbero in moto investimenti, tra diretti e indiretti, per quasi 9 miliardi di euro all’anno, con 430 mila occupati e con risparmi in bolletta per le famiglie pari a circa 620 euro all’anno”.

Semplificando gli interventi per portare la banda larga anche nei piccoli comuni e nelle aree interne del Paese, ci sarebbero quasi 9 miliardi di euro di investimenti per il cablaggio previsti in tutta Italia, accompagnati da ricadute positive per far tornare a vivere e investire nei borghi”.

L’economia circolare può diventare “il motore del rilancio dei territori: a livello europeo viene stimato al 2030 un beneficio economico pari a 1.800 miliardi di euro annui, favorendo una crescita del Pil fino al 7%”. Con una progettazione di qualità e veri controlli ambientali, prosegue l’ong, “si potrebbero cancellare le tante procedure di infrazione europee aperte contro l’Italia (in questo momento sono 19 quelle ambientali), che ci hanno costretto in questi anni a pagare oltre 500 milioni di euro di multe per inquinamento e ritardi che scontano i cittadini”.

“La sfida – spiega il vice presidente di Legambiente Edoardo Zanchini – è rilanciare l’economia e dare risposta anche alle altre due grandi crisi che abbiamo di fronte, quella climatica e quella sociale”.

Le 33 proposte di Legambiente:

Semplificazioni in materia di autorizzazioni:
1.    Semplificazioni per l’installazione di impianti da fonti rinnovabili
2.    Semplificazione degli interventi di riqualificazione energetica del patrimonio edilizio esistente
3.    Promozione dell’efficienza energetica attraverso sistemi geotermici
4.    Semplificazioni in materia di valutazione di impatto ambientale e partecipazione dei cittadini
5.    Semplificazione per l’installazione di reti a banda larga
6.    Semplificazioni per l’installazione di ricarica per auto elettriche
7.    Eliminazione di limiti all’utilizzo del pet riciclato per la produzione di bottiglie di plastica
8.    Promozione del Green public procurement
9.    Utilizzo di materiali provenienti dal riciclo nelle costruzioni
10. Semplificazione degli interventi di rigenerazione urbana e ambientale
11. Demolizioni di edifici abusivi

Provvedimenti in materia di rilancio dell’economia:
1.    Proroga e revisione degli incentivi per gli interventi di efficienza energetica e messa in sicurezza del patrimonio edilizio esistente.
2.    Creazione di un fondo per l’efficienza energetica e l’accesso al credito da parte delle famiglie
3.    Riqualificazione energetica del patrimonio edilizio residenziale pubblico
4.    Interventi di Adattamento ai cambiamenti climatici nei comuni italiani
5.    Fondo progettazione per la riqualificazione di edifici e strutture pubbliche
6.    Proroga di Industria 4.0 e prospettiva green
7.    Misure a sostegno dell’economia circolare
8.    Creazione di un fondo nazionale per la bonifica dei siti orfani
9.    Rinnovo del materiale rotabile ferroviario regionale e urbano
10.Welfare mobilità per i dipendenti
11.Potenziamento dei controlli ambientali
12.Misure di contrasto alla povertà energetica
13.Regolarizzazione dei cittadini stranieri

Provvedimenti ministeriali da sbloccare:
1.    Sbloccare il “buono mobilità” per le famiglie
2.    Sbloccare le risorse per le piste ciclabili
3.    Sbloccare le risorse per la riqualificazione del patrimonio edilizio
4.    Aggiornare le linee guida per l’autorizzazione di impianti da fonti rinnovabili
5.    Emanare i decreti e regolamenti per rendere definitivamente operativo il codice del terzo settore
6.    Sbloccare le risorse per la creazione di foreste urbane
7.    Completare l’anagrafe della situazione statica e energetica dell’edilizia scolastica
8.    Accelerare gli interventi di prevenzione del dissesto idrogeologico
9.    sbloccare le risorse per il sostegno e la valorizzazione dei piccoli comuni